Arriva il via libera da parte della Corte dei Conti alla delibera con la quale, lo scorso dicembre, il Cipe aveva destinato 350 milioni di euro – da tempo stanzianti nelle casse dello Stato – al recupero e alla riqualificazione energetica e strutturale di alloggi sociali.
Un prossimo decreto del Ministero delle Infrastrutture, poi, evidenzierà la ripartizione tra le Regioni delle risorse sul piatto per l’edilizia sociale.
Edilizia sociale, ecco le risorse
Lo scorso 14 aprile, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana è stata pubblicata un’attesa delibera. si tratta, in particolare, della Delibera Cipe n. 127 del 22 dicembre 2017 che segna un importante passo avanti in materia di edilizia sociale.
La Delibera, infatti, approva la riprogrammazione di 350 milioni di euro di risorse giacenti, e quindi inutilizzate, su un conto denominato “Fondi di edilizia/convenzionata agevolata” alimentato e creato in attuazione della Legge n. 457/1978.
Gli ambiti di interesse
Lo scorso dicembre, quando la Delibera è stata realizzata, approvando quindi la riprogrammazione proposta dal MIT, il Cipe ha anche definito i due ambiti di intervento della stessa riprogrammazione.
Si tratta dell’attuazione di un programma integrato di edilizia residenziale sociale e di interventi di edilizia residenziale sociale nei territori danneggiati dagli eventi sismici.
Le priorità
Nell’ambito delle due macro-categorie, poi, sono state individuate diverse priorità da rispettare nella realizzazione degli interventi che saranno realizzati avvalendosi delle tecnologie più avanzate, così come degli strumenti, acquistabili anche on line su portali come Giffi Market, che consentono alle ditte di dotarsi delle migliori benne e betoniere presenti sul mercato, a prezzi competitivi.
In particolare, le priorità indicate sono: coerenza con le policy prioritarie dell’Unione europea in tema di ambiente e sicurezza nell’edilizia pubblica; consumo di suolo zero; privilegiare il recupero edilizio ed urbano rispetto alla nuova edificazione; integrazione di funzioni residenziali con quelle extra-residenziali; incremento della dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati; efficientamento energetico degli edifici; innalzamento dei livelli di qualità dell’abitare per quanto attiene il superamento delle barriere architettoniche e la sicurezza nell’uso degli spazi; flessibilità compositiva e tipologica degli spazi della residenza; innovazione tecnologica dell’edilizia secondo principi di autosostenibilità; adeguamento/miglioramento sismico degli edifici.
La prima ripartizione delle risorse
I 350 milioni di euro, poi, sono stati così suddivisi: fino a 250 milioni sono stati destinati al programma integrato di edilizia residenziale sociale (sovvenzionata e agevolata) a cui destinare fino 250 milioni di euro; i rimanenti 100 milioni di euro, invece, al programma di interventi di edilizia residenziale sociale nei territori colpiti dai recenti eventi sismici.
Nel primo caso, le proposte di interventi dovranno riguardare obiettivi ben precisi: recupero di immobili esistenti anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione con un “consumo di suolo zero”; dovranno prevedere l’acquisto di immobili e soltanto in via residuale nuove costruzioni, prevedendo un mix di residenze, funzioni, spazi collettivi e per servizi di prima necessità complementari agli alloggi; dovranno essere destinate alla locazione permanente con canone sociale, per gli interventi a totale copertura pubblica, o alla locazione permanente o con patto di futura vendita per gli interventi che usufruiscono solo in parte del contributo pubblico.
E ancora: dovranno prevedere il cofinanziamento da parte di soggetti pubblici/privati per almeno il 20% del finanziamento statale assegnato; garantire la sostenibilità energetica (classe A1 per interventi di recupero e classe A4 per interventi di sostituzione edilizia, demolizione ricostruzione, nuova costruzione); prevedere il miglioramento o l’adeguamento sismico; migliorare l’accessibilità; contribuire al miglioramento della qualità urbana del contesto e della dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati, per una quota non superiore al 20% del finanziamento statale.
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