Un progetto unico, un ponte reale che per la prima volta mette in comunicazione il “fuori e il dentro”.
E’ questo lo scopo di InGalera, il primo esempio in Italia di un’attività di ristorazione aperta a tutti e nata all’interno di un carcere, la II Casa di Reclusione di Milano Bollate, nota per la sua politica penitenziaria volta a valorizzare l’aspetto rieducativo della pena.
L’ambizioso percorso del Carcere di Bollate iniziata nel 2004 con la nascita di ABC La sapienza in tavola, cooperativa sociale che crede nel valore del percorso riabilitativo nel tentativo di eliminare lo stigma che la società imprime a chi ha trascorso un periodo della propria vita in carcere.
La cooperativa ha avviato con successo da anni un servizio di catering di alto livello e continua oggi con l’apertura di un ristorante aperto al pubblico esterno, che offre 52 posti a sedere ed è aperto a pranzo e a cena, dal lunedì al sabato.
Ci lavorano complessivamente nove persone, cinque in cucina e quattro in sala, assunte dalla cooperativa. Sono tutti detenuti, a esclusione dello chef e del maître, professionisti esterni chiamati a dare prestigio al progetto.
Gli interni sono stati curati dall’architetto Augusta Comi: “L’idea progettuale del ristorante InGalera nasce dall’osservazione delle linee essenziali e rigorose tipiche degli ambienti delle strutture carcerarie, luoghi in cui l’aspetto funzionale è tenuto in grande considerazione.
L’uso dei colori pastello, che riprende il tema delle cornici delle finestre della facciata, dona all’ambiente un carattere di leggerezza e elegante sobrietà”.
Un ristorante accogliente e luminoso nel quale si inseriscono armoniosamente gli arredi Pedrali scelti: il tratto sottile e lineare delle sedute Volt, con e senza braccioli nei colori bianco e beige, disegnate da Claudio Dondoli e Marco Pocci, e i tavoli Inox con basamento verniciato bianco.
Un ottimo esempio di sinergia tra il pubblico e il privato, che oltre a fornire ai detenuti competenze formative e lavorative utili al loro reinserimento sociale offre a tutti l’opportunità di interfacciarsi con il mondo carcerario e riflettere sul senso della pena.
(Tutte le foto sono di Andrea Guermani)
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